Il termine triennale di decadenza per la proposizione della domanda di indennizzo ex legge 210/92, nel caso di infezione da epatite post-trasfusionale, è stato introdotto per la prima volta dall’art. 7 del D.L. 1/7/96, n. 344 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 3/7/96 n.153), che ha modificato la precedente formulazione dell’art. 3, comma 1, della legge 210/92.
Detto decreto, non convertito, è stato riproposto in data 30/8/96 (n. 450) e in data 23/10/96 (n. 548). Quest’ultimo decreto è stato, poi, convertito nella legge 20/12/96 n. 641, che ha fatto salvi gli effetti prodottisi sulla base dei D.L. 1/7/96, n. 344 e D.L. 30/8/96 (n. 450).
Lo stesso termine è stato, poi, confermato dalla successiva L. 25/7/97, n. 238, che ha apportato ulteriori modifiche e integrazioni al testo della precedente L. 210/92.
Ne consegue che il termine triennale per la presentazione della domanda di indennizzo decorre dalla data di entrata in vigore del D.L. 30/8/96 n. 450 e, cioè, dal 18/7/96.
Peraltro, la succitata normativa prevede espressamente che “i termini decorrono dal momento in cui … l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno”.
Sul punto pare opportuno sottolineare che lo stesso Ministero della Salute ha emanato alcune circolari (cfr. 14/11/96 e 11/3/98) con le quali ha precisato che, ai fini della individuazione del momento in cui l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno, non qualsiasi conoscenza è atta a far decorrere tale termine, ma solo la consapevolezza degli effetti dannosi, identificabile nel momento in cui “il processo morboso si sia conclamato nella sua entità nosologica e stabilizzato in precisi esiti”.
Principio che non fa che richiamare quelli espressi dalla giurisprudenza che, in tema di prescrizione dell’azione per conseguire il risarcimento del danno, ha individuato il dies a quo per la decorrenza del termine non nel momento in cui il fatto del terzo determina la modificazione che produce danno all’altrui diritto, ma dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile, tenuto conto, altresì, della diffusione delle conoscenze scientifiche (cfr. per tutte Cass. Sez. Lav. 2645/03; 5913/00; 8845/95).
Al di là di tali considerazioni, va ribadito che la semplice positività al virus non dà diritto all’indennizzo. Tant’è che, ai sensi dell’art. 4, 4° comma, della legge 210/92, qualora la Commissione accerti solo l’esistenza del contagio ed il nesso causale, ma non l’ascrivibilità ad una delle otto categorie previste dalla tabella, l’indennizzo non viene riconosciuto.
Alla luce di tali considerazioni è evidente che, per stessa ammissione del Ministero, non è precluso l’indennizzo a chi è in grado di dimostrare (producendo certificazioni mediche od anche deducendo prova per testi) che, al di là del contagio, il danno effettivo si è manifestato (con ciò intendendosi effettiva conoscenza) in epoca successiva al termine ultimo previsto dalla legge, sempre che la domanda venga presentata entro tre anni dall’avvenuta conoscenza.
In merito alla decadenza esiste un precedente giurisprudenziale (Tribunale di Pisa) che ha stabilito che, qualora il danno da contagio per epatite si sia manifestato prima dell’entrata in vigore della legge che ha introdotto il termine triennale di decadenza, la domanda di indennizzo può essere validamente presentata entro il termine ordinario decennale.
In conclusione è opportuno che chi non lo ha ancora fatto presenti, comunque, la domanda di indennizzo, e ciò non solo per i motivi di cui sopra, ma anche perchè è stata recentemente sottoposta al vaglio del Parlamento una proposta di legge modificativa della legge 210/92 che, tra l’altro, prevede l’abolizione dei termini per l’ottenimento dell’indennizzo.
INTERESSI
Per giurisprudenza ormai consolidata il Ministero della Salute (e le Regioni per le domande di indennizzo presentate successivamente al gennaio 2001) è tenuto a corrispondere, quantomeno, gli interessi legali con decorrenza, attesa la natura assistenziale dell’indennizzo, dal 121° giorno successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa, così come previsto dall’art. 7 della legge 533/73 per i crediti verso gli enti pubblici (cfr. sul punto, per tutte, Cass. Civ. sez. lav., 6/4/01, n. 5201; Cass. Civ. sez. lav., 6/3/01, n. 3244; Cass. Civ. sez. lav., 2/7/92, n. 8119).
ADEGUAMENTO DELL’INDENNIZZO AL COSTO DELLA VITA
L’art, 2, I° comma, della L. 210/92, prevede che l’indennizzo sia rivalutato annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato. Il 2° comma dello stesso articolo dispone che l’indennizzo venga integrato da una somma corrispondente all’importo dell’indennità integrativa speciale di cui alla L. 324/59 e successive modifiche, prevista per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato. Detta indennità integrativa, che costituisce la parte più consistente dell’indennizzo, non è mai stata rivalutata dal Ministero della Salute.
Sul punto, si è recentemente formato un indirizzo giurisprudenziale di merito (tra gli altri Corte d’Appello Milano n. 588/02; Trib. Busto Arsizio n. 49/03) che interpreta la legge in senso favorevole all’estensione della rivalutazione annuale secondo gli indici ISTAT all’indennità integrativa speciale. L’interpretazione più favorevole della legge determina, a favore degli assicurati, la seguente differenza bimestrale:
Per quanto attiene al Tribunale di Torino, le prime sentenze sulla materia, riguardanti le cause intraprese tramite l’Associazione Talassemici di Torino, sono previste per la seconda metà del mese di luglio 2004.